FORBIDDEN FRUIT: UN INCONTRO DA BRIVIDI:” SONO TUO FRATELLO ZEYNEP..”
(Analisi dell’uso strategico e pervasivo della disinformazione in tempo di guerra, il ruolo dei social media come campo di battaglia, e l’impatto corrosivo sulla percezione della verità in Occidente.)
ROMA / BRUXELLES / ZONE DI CONFLITTO – Nel XXI secolo, il primo proiettile sparato in un conflitto non è più fisico, ma digitale. La disinformazione e le fake news sono diventate armi strategiche, non meno potenti di carri armati o missili, capaci di destabilizzare nazioni, manipolare l’opinione pubblica e minare la fiducia nelle istituzioni e nei media tradizionali. L’attuale scenario geopolitico, segnato da conflitti prolungati e polarizzati, dimostra come la “Guerra delle Ombre” condotta sui social media e attraverso campagne mirate di propaganda sia cruciale quanto la guerra sul campo.
L’Italia e l’Unione Europea si trovano esposte a un flusso costante di narrazioni distorte, spesso orchestrate da attori statali o gruppi di interesse, che sfruttano la velocità e l’algoritmo delle piattaforme digitali per creare il caos cognitivo. L’obiettivo non è solo vincere la guerra sul terreno, ma distruggere la coesione sociale del nemico, rendendolo incapace di distinguere la verità e di prendere decisioni informate.
I. IL SOCIAL MEDIA COME CAMPO DI BATTAGLIA
La disinformazione prospera nell’ecosistema dei social media, il mezzo più rapido e pervasivo per raggiungere miliardi di persone.
La Velocità Contro la Verità: Sui social media, un’immagine scioccante o un titolo sensazionalistico (anche se falso) viaggia molto più velocemente di qualsiasi smentita o fact-checking. Gli algoritmi, progettati per massimizzare l’ingaggio, tendono a privilegiare i contenuti emotivamente carichi e polarizzanti, creando vere e proprie “bolle di filtro” in cui gli utenti ricevono solo informazioni che confermano le loro convinzioni preesistenti.
I Deepfake e l’Era del Dubbio Totale: Con l’avanzamento dell’IA generativa (come abbiamo analizzato in un precedente articolo), la creazione di deepfake audio e video indistinguibili dal reale è diventata accessibile. Questa tecnologia non serve solo a diffondere falsità specifiche, ma a instillare un “dubbio totale” nell’osservatore: se nulla può essere creduto, l’utente si ritira nella propria narrativa preferita, o rinuncia del tutto alla ricerca di una verità oggettiva.
Le Farm di Troll e la Tattica del Disturbo: Attori statali e agenzie di influenza utilizzano farm di troll e bot per amplificare messaggi divisivi, diffondere teorie cospirative o semplicemente intasare il dibattito pubblico con rumore e contenuti irrilevanti (whataboutism), rendendo impossibile una discussione razionale.
II. LA STRATEGIA DELLA DISINFORMAZIONE NEI CONFLITTI
L’uso della disinformazione in un contesto di guerra segue schemi precisi e mirati a obiettivi strategici.
Demonizzazione del Nemico: Il primo obiettivo è deumanizzare e demonizzare la parte avversaria. Vengono diffuse narrazioni che esagerano le atrocità, minimizzano le proprie perdite o presentano l’azione militare come una necessità morale o esistenziale. Questo rafforza il sostegno interno e giustifica le azioni presso i Paesi neutrali.
Il Baiting Emozionale: Le campagne sono costruite per suscitare reazioni emotive primarie: rabbia, paura, disgusto. Un esempio classico è l’uso di foto o video decontestualizzati di feriti o vittime di conflitti passati, ripresentati come prova di atrocità attuali, per mobilitare la risposta del pubblico.
L’Erosione del Supporto Internazionale: Un obiettivo chiave è minare il sostegno occidentale ai Paesi sotto attacco. Attraverso la diffusione di narrazioni che accusano la controparte di corruzione, inefficienza o estremismo, gli attori della disinformazione cercano di fiaccare la volontà degli alleati di fornire aiuti militari o sanzioni.
III. LA REAZIONE DELL’OCCIDENTE E I FATTORI DI VULNERABILITÀ
L’Occidente sta tentando di reagire, ma deve fare i conti con le proprie vulnerabilità strutturali e legali.
La Legislazione (AI Act e DSA): L’Unione Europea ha risposto con importanti atti legislativi, in particolare il Digital Services Act (DSA), che impone alle grandi piattaforme (Very Large Online Platforms) maggiore responsabilità nella moderazione dei contenuti e nella lotta alla disinformazione. Parallelamente, l’AI Act mira a regolamentare l’uso dei modelli generativi, compreso il deepfake.
La Crisi del Giornalismo: I media tradizionali, il baluardo storico contro la propaganda, si trovano in crisi economica. La riduzione delle risorse per il giornalismo investigativo e il fact-checking lascia un vuoto che viene prontamente occupato da fonti non verificate e influencer non professionali. La fiducia del pubblico verso i media è ai minimi storici, un danno autoinflitto che la disinformazione sfrutta al massimo.
La Polarizzazione Politica: La disinformazione trova terreno fertile in società già polarizzate. I partiti politici tendono a utilizzare narrazioni semplificate o complottiste per attaccare gli avversari, legittimando di fatto l’uso di tattiche manipolatorie che poi vengono importate anche dai contesti di conflitto globale.
CONCLUSIONE: L’URGENZA DI UNA CULTURA DELLA VERIFICA
La disinformazione non è solo una battaglia tecnologica da vincere con algoritmi migliori o watermarking. È prima di tutto una battaglia culturale ed educativa.
La vera difesa dell’Italia e dell’Occidente non risiede solo nei fact-checker, ma nella capacità dei cittadini di sviluppare un pensiero critico resiliente. È urgente investire nell’educazione civica e digitale fin dalle scuole, insegnando a distinguere le fonti, a riconoscere le tecniche di manipolazione emotiva e a dubitare delle risposte troppo semplici.
Fin quando la verità rimarrà un concetto negoziabile, la Guerra delle Ombre continuerà a dominare. Solo attraverso il ripristino della fiducia nei media di qualità e nella verifica dei fatti, la democrazia potrà difendersi da questa minaccia invisibile ma pervasiva che mira a distruggere la nostra comune percezione della realtà.