L’ITALIA E I FANTASMI DEL VENTENNIO: A Cento Anni dalla Marcia su Roma, Una Nazione Divisa sulla Memoria e il Fascismo
ROMA – Il 28 ottobre 1922 è una data che non appartiene solo ai libri di storia, ma che continua a riverberare con forza nel dibattito politico e sociale dell’Italia contemporanea. La Marcia su Roma, l’azione dimostrativa e in parte intimidatoria che portò Benito Mussolini al potere, segnando la fine dello Stato liberale e l’inizio del Ventennio fascista, compie un secolo. Questa ricorrenza non celebra un evento, ma impone una riflessione profonda sulla natura della democrazia italiana e sulla persistente difficoltà di raggiungere una memoria storica “condivisa” sulla stagione più buia del Novecento.
L’analisi storica è chiara: la Marcia, presentata dalla propaganda come un’epopea rivoluzionaria, fu in realtà un’azione di forza permessa da un vuoto politico e istituzionale. La decisione del Re Vittorio Emanuele III di non firmare lo stato d’assedio, cedendo alle pressioni e aprendo la strada alla nomina di Mussolini a capo del governo, fu il vero colpo di grazia alla democrazia. Non fu un colpo di Stato in senso stretto, ma un fallimento totale delle istituzioni liberali di fronte alla violenza squadrista.
I. LE RADICI DI UNA MEMORIA DIVISA
Oggi, il dibattito sulla Marcia su Roma e sul fascismo in generale è ancora incandescente, spesso strumentalizzato dalla politica e ostacolato da due fenomeni culturali e storiografici.
La Tendenza all’Edulcorazione (Revisionismo Benevolo): Esiste una corrente, spesso affiorante nel discorso pubblico, che tend
e a minimizzare gli aspetti violenti e liberticidi del fascismo, focalizzandosi sulle presunte “cose buone” (come la bonifica agraria o le opere pubbliche) e slegando l’esperienza fascista dal suo esito tragico (le leggi razziali, la guerra, la Repubblica Sociale Italiana). Questa visione non tiene conto che la dittatura è tale fin dal principio, a prescindere dalle sue iniziali conquiste infrastrutturali.
L’Antifascismo Rituale vs. Storico: Dall’altra parte, l’antifascismo, sebbene fondamento della Repubblica, rischia talvolta di trasformarsi in una mera retorica, perdendo di vista la complessità storica. È necessario un antifascismo della ragione, basato sullo studio critico e sulla comprensione dei meccanismi che portarono al collasso democratico, piuttosto che sulla sola condanna morale.
La vera sfida italiana è l’assenza di un racconto nazionale pacificato, un problema che continua a dividere il Paese in eredi ideologici della Resistenza e in nostalgici di un’epoca vista, erroneamente, come portatrice di ordine e grandezza.
II. L’EREDITÀ DEL FASCISMO NELLA POLITICA ODIERNA
Il centenario della Marcia su Roma coincide con un momento politico delicato, con partiti di destra eredi diretti o indiretti di quella storia alla guida del Paese. Questo fatto riaccende il confronto sui concetti di eredità ideologica e responsabilità storica.
Il Fascino dell’Uomo Forte: L’eredità più sottile e pericolosa del fascismo è la tentazione costante, nella politica italiana, di affidarsi alla figura dell’uomo forte o del leader carismatico che promette di bypassare le complessità della democrazia per imporre decisioni rapide. Questa retorica è l’opposto della cultura democratica, che si fonda sulla mediazione, sul dibattito parlamentare e sulla separazione dei poteri.
Il Linguaggio dell’Intolleranza: Nonostante la Costituzione italiana sia esplicitamente antifascista (Articolo XII), permangono sacche di intolleranza e polarizzazione nel linguaggio politico. Il riemergere di simboli, gesti e riferimenti al Ventennio in alcuni ambienti, per quanto marginale, è un monito costante sulla necessità di vigilare contro ogni forma di rigurgito autoritario.
La Necessità della Distanza Critica: La classe dirigente italiana, indipendentemente dall’orientamento politico, ha il dovere istituzionale di mantenere una distanza critica e inequivocabile da ogni forma di ap
ologia del fascismo, riaffermando i valori della Repubblica nati dalla Resistenza.
III. LA SFIDA EDUCATIVA E IL RUOLO DELLA SCUOLA
Il futuro della memoria storica italiana si gioca nelle aule scolastiche.
Superare la Narrazione Semplificata: La scuola deve andare oltre la narrazione manichea (fascisti cattivi / antifascisti buoni) e fornire gli strumenti per comprendere come è potuto accadere che un’intera nazione abbia ceduto alla dittatura. Lo studio del fascismo deve includere l’analisi del consenso che ottenne, della sua organizzazione di massa e del suo impatto sulla vita quotidiana.
Il Rischio dell’Oblio Digitale: Con le nuove generazioni sempre più distanti dalla memoria diretta della guerra e della dittatura, e l’informazione che viaggia sui social media in forma semplificata e decontestualizzata, il rischio di una conoscenza superficiale e distorta della storia è altissimo.
Il centenario deve servire a riaffermare che la libertà non è un dato di fatto, ma una conquista da difendere quotidianamente.
CONCLUSIONE
La Marcia su Roma non fu un evento isolato, ma il culmine di un processo di delegittimazione della democrazia iniziato ben prima e alimentato dalla violenza politica e dall’incapacità delle élite di reagire. A cent’anni di distanza, il fascismo continua a rappresentare il peccato originale della democrazia italiana.
Per onorare la memoria di chi ha lottato per la libertà, l’Italia non deve solo condannare il passato, ma deve educare al presente: rafforzando le istituzioni democratiche, promuovendo una cultura del confronto rispettoso e respingendo ogni forma di estremismo. Solo così si potrà superare la retorica divisiva e consolidare quella coscienza civica che, un secolo fa, venne tragicamente meno.